Parrocchia di Rivamonte
Con il nome di Riva, oggi Rivamonte, s’intende l’insieme dei villaggi che si estendono a varie altezze (600-1100 metri sul livello del mare) sui fianchi orientali e meridionali del monte Armarolo, altura scistosa situata sulla destra orografica del medio Cordevole al limite sud-occidentale della conca di Agordo nel cuore delle Dolomiti bellunesi.
Due di questi villaggi, Montàs e Zenich, sono ricordati in un documento del 1148, mentre il nome di Riva apparve per la prima volta su un documento del 1209.
Nel corso del XV secolo in Valle Imperina, ai piedi del monte Armarolo, iniziò a svilupparsi notevolmente l’attività mineraria con la quale Riva si legherà nel corso dei secoli in un rapporto d’interdipendenza tanto che le vicende della miniera influiranno direttamente sulla vita del paese e sugli abitanti.
Di Rivamonte fino a questo periodo non si hanno molte notizie: la popolazione era molto scarsa e nel 1597 esistevano poche famiglie.
Solo cent’ anni più tardi però, grazie al forte aumento dello sfruttamento del sito minerario, avuto in quel periodo, la comunità era cresciuta a ben 232 «fogolari».
Le origini
La vita sociale iniziò ad articolarsi con la vita religiosa della comunità tanto che, nel Seicento e Settecento, vengono fondate alcune confraternite a fine di devozione, culto e beneficenza e si eseguono lavori di restauro dell’antica chiesa dedicata ai Santi Floriano e Sisto la cui costruzione «fornicibus decussatis faberrime constructa» è documentata nei primi anni del XV secolo ma era sicuramente assai più antica.
La chiesa era posta a metà strada tra la chiesa madre di Agordo e i villaggi lontani di Riva e di Tiser, giacché aveva servito un tempo, gli abitanti dei due paesi.
Nel 1653 vicino a questa chiesa fu costruita, in seguito ad un voto fatto, «ad avertendam morbi grassantis vim quae omnia pessumdabat» una piccola chiesa dedicata a Sant’Antonio da Padova: l’edificio aveva cinque finestre semicircolari e due quadrangolari sulla facciata; il soffitto a volta e l’abside era rivolto verso sud.
Nel 1680 Francesco Sommariva, chiamato a Roma dal Sommo Pontefice con l’incarico di soprintendente alle miniere dello Stato Pontificio, donava alle chiese dell’arcidiaconato e in particolare a quella di San Floriano alcune reliquie, avendole ricevute dal Papa stesso.
Sempre nel 1600, per implorare il patrocinio della Vergine, in seguito ai gravi e frequenti infortuni che colpivano i minatori durante il lavoro, veniva costruita, nel centro del villaggio di Zenich, una chiesetta dedicata alla Beata Vergine della Salute: in questa chiesa erano portati i minatori che perdevano la vita lavorando nella vicina miniera e fino ai primi decenni del 1900, il corteo funebre partiva da li.
Nel 1759 il sacerdote Domenico Grobber di Agordo, erigeva nel villaggio di Paluch, un oratorio a onore della SS.ma Trinità che è stato recuperato dal forte degrado in cui versava negli anni Novanta del secolo scorso.
Nel corso dell’Ottocento ci fu un ulteriore notevole incremento della popolazione residente ma nonostante ciò, la comunità continuò a rimanere una semplice curazia o cappellania curata, dipendente dalla parrocchia di Agordo: questo sarà causa di vari dissidi fra i regolieri e le cariche religiose del tempo.
Nel 1860 la regola di Riva contava 1852 abitanti e il curato del paese, don Giovanni Battista Moretti, ritenne che le due chiese presenti fossero ormai insufficienti per la popolazione.
Nel 1866, dopo un’accurata valutazione, si pervenne alla decisione di demolirle e sull’area in cui sorgevano, si dette inizio agli scavi per la posa delle fondamenta della nuova chiesa: grazie ad un lavoro incessante, portato avanti con enorme spirito di sacrificio, la chiesa eretta in stile neoclassico e dedicata ai Santi Floriano Antonio e Sisto poteva essere ultimata nel 1886, ma già il 13 ottobre 1872 veniva celebrata la prima Messa.
La facciata fu portata a termine nel 1926.
Gravi danni furono arrecati alla chiesa in seguito alla guerra 1915-18 e all’invasione austriaca.
Fu completamente asportato il vecchio tetto di rame e si dovette procedere con grande urgenza a una nuova copertura in tegole. Anche le tre campane furono asportate dagli austriaci e soltanto nel 1922, per merito dell’«Opera del soccorso per le Chiese rovinate dalla guerra», vennero rifuse dalla ditta De Poli di Vittorio Veneto nel nuovo concerto di quattro campane.
Dagli anni ’30
La crisi economica degli anni Trenta e lo scoppio della SecondaG uerra Mondiale, causarono una stasi nella vita della curazia.
Il 20 aprile 1965 ebbero inizio i lavori per la costruzione della nuova chiesa frazionale di Zenich che venne benedetta il 26 giugno 1966 dal vescovo diocesano Gioacchino Muccin.
Nel 1972 in occasione del centenario della chiesa curaziale vennero eseguiti sull’edificio imponenti lavori di restauro e di adeguamento alla nuova riforma liturgica.
Il 16 luglio dello stesso anno il vescovo Gioacchino Muccin, celebrando solennemente il centenario della chiesa, la consacrò, erigendo a parrocchia la curazia di Rivamonte. Da allora, alla guida della comunità si sono succeduti sette sacerdoti, fra parroci ed amministratori parrocchiali.
La parrocchia venne intitolata a San Floriano martire, Patrono del paese: ancor oggi viene festeggiato il 4 maggio con la celebrazione di una Messa solenne seguita dalla processione.
L’anno seguente il vescovo, inaugura la Casa della Gioventù che oggi ospita le attività parrocchiali e l’abitazione del parroco.
La chiesa parrocchiale, alla fine degli anni Novanta – Duemila, è stata oggetto di ulteriori importanti lavori quali: il restauro della facciata nel 1998, la sostituzione del manto di copertura in tegole con uno in rame nel 1999, il restauro del campanile e la costruzione del nuovo organo Zanin nel 2003 ed infine il rifacimento dell’impianto elettrico nel 2015.
La comunità di Riva, ancora oggi, è molto legata alla secolare festa di Sant’Antonio da Padova di cui è attestata un’apparizione in guarigione ad un sordomuto, documentata da un piccolo quadro ex voto che porta la seguente iscrizione: «1696 li 18 7bre in Riva apparso il Santo guarì un sordo muto».
La Festa del Santo era ed è tuttora cara a tutta la popolazione della vallata agordina, tanto da rendere Rivamonte il cuore di una devozione popolare e viva, che si esprime anche attraverso il caratteristico “Cordòn de Sant’Antoni”, composto da un filato di cotone bianco con i tre nodi dei voti religiosi ed all’estremità una nappina colorata.
Il cordone viene benedetto e si ritiene che protegga da ogni male. Ancora oggi i fedeli che vengono a Rivamonte pregano davanti alla statua di Sant’Antonio (opera ottocentesca dello scultore zoldano Valentino Panciera Besarel – del 1882) e poi non mancano di prendere un mazzetto di cordoni che vengono messi in macchina, allacciati al polso o messi nel portafoglio. Era ed è ancora usanza legare un cordone al campanaccio delle mucche che vanno in alpeggio.
Il centro della festa religiosa è la Messa solenne officiata dall’arcidiacono di Agordo e seguita dalla processione con la statua del Santo: alla celebrazione partecipa gente da tutto l’Agordino ed al termine della funzione, vi è il bacio della reliquia e nel pomeriggio si cantano solennemente i Vespri in onore del Santo.
Accanto alla festa religiosa si svolge anche la festa paesana, con un piccolo mercato, il luna park e i caratteristici “gnòch co la poìna” preparati dal volontariato locale e serviti sotto un tendone allestito per ospitare anche orchestre e balli.
Madonna della Salute a Zenich
Altra ricorrenza ancora sentita dalla comunità e da quelle vicine è la festa della Madonna della Salute festeggiata il 21 novembre nella frazione di Zenich: essa è legata all’edificazione seicentesca della prima chiesa dedicata alla B.V. della Salute, il cui altar maggiore finemente intarsiato è oggi conservato nella sacrestia della chiesa parrocchiale.
Esso contiene una tela di fattura locale raffigurante la Vergine col Bambino.
La vicenda di questo edificio è legata in modo particolare alle miniere di Valle Imperina, che rimasero funzionanti per circa cinque secoli: i minatori che vi morivano per le svariate cause sul luogo di lavoro, venivano portati prima di tutto in questo edificio sacro.
La “nuova” chiesa venne invece benedetta dal vescovo di Belluno – Feltre mons. Muccin nel 1966, edificata grazie alla donazione di un terreno in posizione più centrale rispetto alla strada statale, mediante all’interessamento dell’allora curato don Elio Cesco.
Dopo la chiusura della miniera di Valle Imperina, avvenuta nel 1962, il comune di Rivamonte ha assistito a un inesorabile calo demografico tanto che la parrocchia oggi conta circa 600 abitanti.
Il settore primario è quasi scomparso rimanendo vivo in poche realtà presenti sul territorio e la maggior parte della popolazione trova impiego nell’industria dell’occhialeria.
Nonostante il calo demografico, Riva continua ad essere un paese operoso ed unito: ne danno testimonianza le numerose associazioni di volontariato presenti sul territorio che collaborano fra loro e con la parrocchia.
Fonti tratte dal libro “Rivamonte” (ediz. Tipolitorgrafia DBS, Seren del Grappa (BL), 2015) e rielaborate da Christian Schena.