Parrocchia di Gosaldo
Intorno all’anno 1000 o 1100 la popolazione di Gosaldo costruiva una piccola chiesa sul pian del Don dedicata a S. Giacomo e S. Andrea Apostoli, e dotata di relativi beni per lo svolgimento del culto. Era di stile gotico romanico, decorata con bellissimi affreschi eseguiti nel 1300: il coro, dopo l’ampliamento della chiesa, venne eseguito nel 1630 e fu demolito nel corso della Grande Guerra.
Questa chiesa il 03 novembre 1594 fu eretta in Parrocchia, staccandosi dalla chiesa matrice di Agordo. Da quell’epoca cominciano gli atti dei registri parrocchiali.
Prima del 1594 la Parrocchia era S. Maria di Agordo, dalla quale si staccarono, una alla volta, tutte le Chiese della vallata del Cordevole: la prima a staccarsi fu quella di San Giovanni Battista di Forno di Canale, con bolla papale di Callisto III 1458.
La seconda probabilmente fu quella di Gosaldo.
Le origini
In Agordo era la sede del parroco o arcidiacono che aveva sotto di sé alcuni sacerdoti cooperatori, curati o comparroci, chiamati cappellani dal servizio che prestavano nelle diverse cappelle sparse nella vallata. Avevano un certo stipendio da parte della popolazione da loro servita. Qualcuno che doveva fare molta strada – come quello che prestava l’opera per la cura di Gosaldo – aveva ottenuto la riscossione delle primizie.
Nel 1573, l’arcidiacono di Agordo diede facoltà ai gosaldini di erigersi il battistero, con i relativi Olii santi, nella chiesa di S. Giacomo e S. Andrea al Don, per battezzare i bambini, vista la scomodità di portarli ad Agordo, specialmente nel tempo invernale.
Venutone a conoscenza il vescovo di Belluno, Mons. Giovanni Battista Valier, senza sapere da chi e con quale autorità fossero stati concessi, senza la custodia di un sacerdote che avesse stabile residenza, volle provvedere a questo con un’intimazione a mezzo del cappellano di Agordo, che esercitava la cura da questa parte: costui era un certo don Giacomo Basano e aveva il titolo di vice-cappellano di San Tommaso di Voltago.
II sacerdote o parroco avrebbe dovuto fissare qui la sua dimora, ma, non esistendo al Don abitazioni, doveva risiedere a Villa Grotta.
Certi giorni d’ inverno, per la molta neve e per le bufere di tormenta, non poteva scendere a celebrare la Messa e perciò si rese necessaria la costruzione di una cappella fra Villa Grotta e Tosan, che fu dedicata a S. Lorenzo martire. Forse questa Cappella esisteva già e fu solo rimaneggiata.
Di questa rimangono ancora tracce nella casa Juris che nel 1675 fu trasformata in canonica. Durante il parroccato di don Gio. Batta Bondi, infatti (1655 – 1660), il sacerdote valutò l’opportunità di “inglobare” la cappella di S. Lorenzo nella canonica e di edificare una nuova chiesa, ben più grande, con il chiaro intento di farla elevare a parrocchia. L’edificio sacro era, però, senza alcun patrimonio (e quindi diritti di funzioni) e così fu tolto il compatrono S. Andrea dalla chiesa al Don, trasferendolo alla Villa.
Un po’ di storia
Questo portò a discordie e divisioni, con i sacerdoti che propendevano ora per gli abitanti della parte bassa di Gosaldo (vallini) ora per quelli della parte alta (minudiei), spesso a motivo delle origini stesse dei sacerdoti, che non mancavano di manifestare l’intenzione di portare “in su” la sede parrocchiale. Si cominciò con l’abbandonare la parrocchiale al Don e celebrare tutte le feste nella nuova chiesa di S. Andrea, con le comprensive rimostranze dei vallini.
Per rendere comprensibile il clima di tensione, eloquenti furono le parole del parroco don Gio. Batta Dal Monte (parroco dal 1740 al 1752), che andandosene per concorrere alla parrocchia di Sospirolo, disse: “Abbiamo visitato Babilonia per 12 anni e non è sanata: abbandoniamola”.
Il primo sacerdote a firmarsi col titolo di “parroco” nei registri canonici, fu don Domenico Bondi, originario di Gosaldo, pastore della comunità dal 1777 al 1802. Da allora, diciannove sono stati i sacerdoti succedutisi a servizio della parrocchia, fra parroci e – negli ultimi vent’anni – vari amministratori parrocchiali.
Nella prima metà dell’Ottocento, il vescovo di Belluno decretò come entrambe le chiese avessero pari diritti ed invitò i gosaldini ad edificare una canonica al Don. I vallini chiesero che quindi anche il sacerdote si rendesse presente una volta per parte. Era evidente, però, come le cose non potessero andare avanti in questo modo. Giunse a Gosaldo l’economo spirituale don Fulcio Colle da Belluno, che risiedette per ben tre volte in paese, l’ultima dal giugno 1848 al settembre 1857, insediandosi nella canonica al Don. Gli uomini del basso Gosaldo compresero d’esser sostenuti da lui e costituirono una sorta di società segreta che decise di appiccare il fuoco alla chiesa della Villa (di S. Andrea).
Domenica 10 agosto 1850, in un’osteria della Villa, dopo le funzioni, ebbe inizio una festa con grande concorso di popolo: gente da Frassenè, Tiser, Mis. Verso sera, gli associati iniziarono a disturbare la festa da ballo, finché si venne alle mani. Mentre ciò accadeva, altri membri avevano il compito di raccogliere sui prati il lino secco, porlo sotto il tetto della chiesa ed appiccarvi il fuoco. In breve, si sviluppò l’incendio.
Immediatamente gli uomini accorsero, altri entrarono in chiesa per salvare ciò che vi si trovava. Gli associati furono fra i primi, più per vandalismo che per altri nobili motivi. Gli oggetti vennero portati in una stanza della canonica al Don, sulle cui finestre vennero messe le sbarre di ferro.
La chiesa di S. Andrea alla Villa aveva però una buona percentuale in pietra e quindi gli uomini manifestarono il proposito di ricostruirla. Don Colle scrisse immediatamente al vescovo affinché sostenesse l’intento per il bene della comunità. Ma di fronte alla commissione di uomini dalla Villa scesa a Belluno per manifestare l’intento della ricostruzione, rispose: “Sia lodato Iddio, che così saranno terminate le questioni!”. Insistendo però loro nel manifestare l’intenzione, rispose: “A queste condizioni vi permetto: che la vostra chiesa non sia più né parrocchia, né comparrocchiale, ma succursale della Parrocchia”. Gli uomini risposero: “O parrocchia, o niente”. Il vescovo quindi tagliò corto: “Allora niente”.
Così le intemperie e le mani degli uomini posero fine alla vicenda storica e religiosa della chiesa di S. Andrea alla Villa. Rimasero la canonica ed il campanile.
La nuova Chiesa
Dopo l’incendio della chiesa di S. Andrea, si vide l’insufficienza della chiesa di S. Giacomo al Don e si reclamava la necessità di costruirne una nuova. Mancavano i mezzi, e stabilire dove si dovesse fabbricarla non era questione facile a risolversi. Superò tutto il parroco don Giacomo Rossi, uomo di scienza e di grande pietà, oratore trascinante. Fu mandato a reggere la parrocchia di Gosaldo nel settembre del 1857. Dopo pochi mesi di residenza cominciò a preparare terreno, mezzi, materiali per innalzare la nuova chiesa. Fu eletto sindaco del comune di Gosaldo il direttore delle miniere di Vallalta, l’ing. minerario Luigi Tomè di Agordo, il quale dette tutto il suo appoggio al parroco.
Si provvide ai mezzi per la nuova chiesa con oblazioni volontarie di lavoro nei giorni festivi: i minatori alla festa lavoravano per la chiesa. Così, con questo ricavato, con questue in paese, con predicazioni di tridui e missioni del parroco, il 16 agosto 1858 è stato possibile porre e benedire la prima pietra della nuova chiesa. Ecco copia della pergamena rinchiusa nella prima pietra:
“IHS -Oggi XVI Agosto dell’anno del Signore 1858 alla presenza del molto rev. Don Alessandro Fulini Arcidiacono di Agordo e del pastore di questo gregge Don Giacomo Rossi e di molti sacerdoti, dopo che un incendio aveva consunto il 10 Agosto 1850, duecento anni dopo che era stata eretta, la chiesa maggiore di S. Andrea di Gosaldo, comparrocchiale della antica e troppo angusta di San Giacomo, ormai composte in pace le diuturne discordie, fu collocata questa prima pietra della nuova chiesa dedicata a S. Maria dei Dolori, applaudente unanime un popolo che dietro l’esempio del suo Pastore, non perdonando a fatiche e disagi, spera di vederla con l’aiuto divino finalmente compita”.
Il disegno fu fatto dall’ing. Pietro Tomè di Agordo, esecutore fu Pietro Coletti.
Con ciò non furono tolte tante difficoltà: gli abitanti della Villa manifestarono tutta la loro ostilità alla nuova edificazione ed un’altra corrente sosteneva come la chiesa avrebbe dovuto sorgere ai Zavat, luogo centrale da dove si vedono le chiese di Tiser e Sagron, facendo così risuonare nella valle i sacri bronzi gosaldini.
In ogni caso, la nuova parrocchiale sorse in tre anni ed il 10 ottobre 1861 fu benedetta da mons. Alessandro Fullini, arcidiacono di Agordo. Per l’occasione, don Rossi fece stampare una parlata in cui finge di parlare con un vecchio e generoso fabbriciere, Girolamo Dalle Feste, sottolineando in alcuni passaggi le vicende della comunità gosaldina.
Ne riportiamo alcuni stralci: “Io non avrei mai creduto di veder tutto quello che io ho veduto. Vidi in Venezia allora l’arsenale, il ponte di Rialto e il Bucintoro. Vidi il palazzo Dosero e il Ducale, basiliche di marmo e addobbi d’oro. E vidi pure con le cilia in alto il lungo campanile di S. Marco. Ma ciò che fa maggior la mia sorpresa, quel che proprio mi fa restar d’incanto, è veder la nostra nuova chiesa: grande, vistosa, e quello che più è fabbricata ed aperta in anni tre. Quando vidi il curato andar in volta per i villaggi lontani e pei vicini in cerca di legname, e poi raccolta. Gran gente con manaie e con zappini abbatter piante senza darsi pace e tagliar tanta legna da fornace: “Cas-cio!” dissi in me stesso Sor Curato, incomincia, mi par, con troppo caldo. Non sa qual sia il paese ove è arrivato? Non conosce la gente di Gosaldo? Vale a dir che quantunque ben vestiti siamo poveri tutti e disuniti. Intanto a passi da gigante il bel lavoro innanzi si avvanzava. E finalmente Iddio di cuor ringrazio, oggi là dentro cantasi il Prefazio. Voi, donne, permettete che lo dica, meritate per certo il primo onore, colla vostra prontezza alla fatica eccitasti di tutti lo stupore. Dalla Valle del Mis fino al Poi tutte le genti parlano di voi. A voi dunque di cuor mi raccomando, deh, fate un giro almen per settimana. E quando all’altra vita sarò giunto, colà dove si paga il bene e il male, la storia narrerò punto per punto di nostra nuova chiesa parrocchiale. Ora, o cari, la predica è finita; però, prima di prender partenza, poche parole ancora nell’orecchio soffrite che vi dica questo vecchio. Giacché, o fratelli, vi ha concesso Iddio d’innalzarvi una Chiesa da città, l’ire antiche ponendo nell’oblio, amatevi di tanta carità. E vostra gioia e tenerezza sia la Regina dei Martiri: Maria!”.
Negli anni 1862 e 1863 venne ultimato il pavimento di pietre e così il 17 agosto 1863 il vescovo di Belluno mons. Giovanni Renier consacrò solennemente la nuova chiesa parrocchiale ponendo nell’altar maggiore le reliquie dei Ss. Ireneo, Lucio e Pio, papa e martire. In quell’occasione vi fu la celebrazione della Prima Messa di don Vincenzo Casaril, oriundo della comunità e poi parroco della stessa per molti anni.
La vicenda di questa comunità non termina però qui. Purtroppo, il 04 novembre 1966, una terribile alluvione devastò il Don di Gosaldo, con ingenti danni alla chiesa parrocchiale: il fango raggiunse al suo interno l’altezza di 2,10 mt, i portoni furono divelti, i banchi sollevati dalla furia…l’edificio sacro, segno di una storia di sacrifici e divisioni, si presentava ferito e violato nella sua sacralità. Ancora una volta, la popolazione ebbe il coraggio di ricominciare, spronata dalla giovanile energia dell’allora parroco don Raffaele Buttol. Vennero ricostruiti il tabernacolo, l’ambone ed il massiccio altare, come oggi possiamo ancora ammirare.
Forcella Aurine
Un accenno a parte merita la vicenda di f.lla Aurine, che a partire dagli anni Venti del Novecento manifestò una particolare vocazione turistica, rimanendo al tempo stesso luogo di fatica a motivo della fienagione in questi luoghi, specie per gli abitanti di Tiser e di Rivamonte.
Pioniere del turismo in loco fu Giuseppe Bedont, che nel 1921 costruì un albergo dove vi si potevano trovare i campi da tennis, da bocce, il cambia valuta, l’ufficio postale e la baléra, che certo non diede particolare gioia all’allora parroco don Mosè Selle, che rifiutò la benedizione.
Con l’intento di completare l’offerta di Forcella, nel 1962 donò il terreno per l’edificazione della chiesetta alpina della Madonna delle Nevi, dove ancor oggi si officia in alcune circostanze (particolarmente sentita è la festa in onore della B.V. il 05 agosto con la Messa cantata e la processione nel bosco) e per la celebrazione di matrimoni.
Fonti pubblicate sul bollettino parrocchiale “Ai pié della Croda Grande” a cura di don Mosè Selle a metà degli anni Cinquanta del secolo scorso e rielaborate dal parroco.