Parrocchia di Frassenè
Il paese di Frassené è collocato ad un’altitudine di 1100 metri ai piedi del maestoso Agner; si trova a pochi chilometri da Voltago, lungo la strada provinciale 347 che collega il Passo Duran al Passo Cereda.
La maggior parte delle informazioni relative alla fase antica di Frassenè inizia nel 1388 data in cui, su un documento del tempo, viene ricordata la costruzione della chiesa antica, iniziata qualche tempo prima.
Ma le primissime tracce umane risalgono a molto prima.
Le origini
Nel 1931 a “i Sass” (luogo in prossimità dei Laghetti) nelle caverne sotto i sassi vengono ritrovate ossa umane e di animali, armi di metallo appartenenti alle diverse epoche e recipienti vari. Nel 1947, presso il “Sass del Preve” (nelle vicinanze dell’attuale campo sportivo), scavando sotto l’incavo verso sud, a circa un metro di profondità, viene ritrovata una tomba contenente due scheletri, uno sopra l’altro: il primo con il teschio rivolto verso nord e il secondo con il teschio rivolto verso sud.
La tomba, profonda circa 50 cm nel fondo ha solo ghiaia ed è semplicemente ricoperta da “laste” ossia pietre rozze. Tra le ossa si trova un piccolo disco bronzeo – ora perduto – del diametro di circa 5 cm che porta un’appendice pendula, quasi interamente ossidata.
Purtroppo non si hanno documenti storici risalenti a queste epoche perciò inizieremo il nostro resoconto proprio dal 1388 data che riporta in forma scritta le prime testimonianze di Frassené.
La piccola chiesa del paese, dedicata a San Nicolò, è rivolta verso oriente. Ha un solo altare ed una pala di legno scolpita che porta nel mezzo la Madonna col piccolo Gesù, a destra San Nicolò e a sinistra San Giovanni Battista. Dietro l’altare si trova la sagrestia e sulla parete verso nord c’è un affresco rappresentante l’Ultima Cena. Nel 1630 la Pala viene sostituta da un dossale che racchiude una tela dedicata a Maria ed ai santi titolari, opera di Francesco Frigimelica.
Si accede alla piccola chiesa tramite due porte, una rivolta ad occidente ed una rivolta a mezzogiorno; quattro finestre la illuminano. Addossato alla facciata principale c’è il campanile ed attorno un piccolo cimitero. La chiesa si mantiene ad elemosine e per le celebrazioni deve chiedere al parroco di Voltago di salire almeno una volta al mese per celebrare la santa messa domenicale. “A cagione della lontananza di esso Commune di Frassené dalla Parochia di Voltago, e l’inacessibilità delle strade per l’escrescenza de’Torrenti, e per la Copia delle nevi, per cui si rende assai difficile massimamente in tempo del verno l’assistenza di detto Parroco ne’ spirituali bisogni di questa popolazione” (tratto dalla Bolla di erezione della Parrocchia di San Nicolò di Frassené dal presule Sebastiano Alcaini, Assistente al Soglio Pontificio, vescovo e conte di Belluno).
I capifamiglia (il paese contava 32 “fuoghi”) decidono così di stipendiare un sacerdote mansionario (21 maggio 1639) che celebri la Messa ogni giorno ed insegni ai bambini la dottrina cristiana. Soltanto nel 1655 il vescovo acconsente, ma ordina che il mansionario eletto per la celebrazione della Messa, rimanga privo dell’amministrazione dei Sacramenti. Tale facoltà giunge solo nel 1705. Così tre anni più tardi finalmente si erige il fonte Battesimale e nel 1709 il Tabernacolo. Nel 1725 viene costruito l’altare della Santissima Annunziata e nel 1748 la chiesa si arricchisce di un altare laterale dedicato a San Gaetano e a San Francesco di Paola.
La Chiesa nuova
Divenuta oramai insufficiente ai bisogni della popolazione nel 1788 la piccola chiesa viene demolita per fare posto ad un’altra. La Chiesa (l’attuale Gesia Vecia) ha ben tre altari di legno dipinti a bianco ed oro e due porte, che come la precedente sono rivolte una verso mezzogiorno e l’altra verso occidente.
Il campanile viene eretto al posto del precedente solo nel 1869-70. Un quadro che rappresenta la Sacra Famiglia è posto sopra la porta laterale, nel presbiterio è collocata una Madonna e Santi e sull’altare di San Gaetano trova posto un bellissimo crocifisso. Il 1° giugno 1792 a nome di tutta la popolazione, una commissione chiede la separazione dalla parrocchia di Voltago. Viene steso così il Capitolato, una serie di articoli che limitano le mansioni del nuovo parroco e sanciscono gli obblighi verso la chiesa madre. Finalmente il 27 settembre 1794 il doge Lodovico Manin dà il suo assenso per la costituzione della nuova parrocchia e il 19 ottobre il vescovo Sebastiano Alcaini pubblica il decreto ufficiale. Un anno e mezzo più tardi, con la bolla di Collazione del 6 maggio 1796, si insedia il primo parroco don Luca Carloveriis, friulano “de Tolmetio”.
La chiesa viene arricchita di numerosi ed importanti arredi sacri: campane, stendardi, parameti, candelieri e messali vengono acquistati grazie al Capitolo, la pia unione di Venezia, formata da paesani emigrati in Laguna per lavorare. Le celebrazioni qui si protrarranno fino al 1968, anno in cui verrà inaugurata la Chiesa Nuova, voluta dall’amatissimo don Giosuè Fagherazzi per poter contenere valligiani e villeggianti che Frassené ospitava.
Tra i parrocchiani più conosciuti spicca la figura carismatica di don Antonio Della Lucia. Nato il 16 maggio 1824 nella piccola borgata di Vich, terzo di diversi figli di modesti agricoltori, fin da giovanissimo dimostra grande attrazione per la religione ed il desiderio di accedere al seminario. Ma le povere condizioni dei genitori non possono sostenere la spesa e allora la popolazione di Frassené e il Capitolo di Venezia “autotassandosi” lo aiutano a raggiungere la meta: diviene sacerdote il 23 settembre 1849.
Negli anni la sua opera è quella di migliorare le dure condizioni di vita della gente di montagna. Fonda a Canale d’Agordo il primo asilo rurale della provincia, ovvero un istituto per i bambini fino agli 8 anni; è sua l’invenzione delle biblioteche itineranti (a quella di Canale, seguono quelle di Caviola e Vallada) per incentivare la lettura e la conoscenza e di conseguenza migliorare le condizioni di vita della comunità. A Caviola, l’8 gennaio 1872 fonda la prima Latteria Cooperativa d’Italia, trasformandosi egli stesso in casaro per dimostrare agli ostici allevatori i benefici del cooperativismo. Don Antonio si spende per la fondazione di una Federazione delle Latterie Agordine che vede la luce nel 1888 e di cui è presidente dal 1890. Si ritira a Caviola nel 1898 e vi rimane fino all’anno della sua morte nel 1906, a 92 anni di età.
Fonti tratte dalla monumentale “Storia dell’Agordino” di don Ferdinando Tamis (vol. II, Vita religiosa, Nuovi Sentieri Editore, 1981) e rielaborate da una parrocchiana.