Diario di una pellegrina in Terra Santa – Mercoledì 8 marzo

Diario di una pellegrina in Terra Santa – Mercoledì 8 marzo

Venire in Terra Santa è anche un’esperienza di incontri…oggi noi abbiamo “incontrato” Gerusalemme, dove abbiamo trascorso la sesta giornata del nostro pellegrinaggio.
Siamo stati nel cuore delle tre grandi religioni monoteiste: cristianesimo, ebraismo ed islam.
Gesù non aveva una “casa” e il luogo spesso frequentato era il Monte degli ulivi che divide la città dal deserto. Questa oggi è stata la nostra prima tappa.
Qui viene ricordato l’insegnamento della preghiera del Padre Nostro da parte di Gesù ai discepoli in una grotta sottostante l’omonima chiesa.
Il Padre Nostro è riportato su formelle dipinte in oltre 170 tra lingue e dialetti. Ci sono ad esempio le versioni in ebraico e aramaico, in italiano, ma anche in friulano, milanese, piacentino, ladino, romagnolo e sardo.
All’interno della grotta abbiamo recitato tutti assieme il Padre Nostro.
La chiesa del Dominus Flevit è il luogo dove abbiamo partecipato alla Messa.
Anche oggi don Luigi ha toccato i nostri cuori durante la predica. Ha inizialmente fatto riferimento a Papa Francesco che piange per le guerre nel mondo come Gesù ha pianto per Gerusalemme che non lo ha capito e lo ha deluso. Ha poi raccontato la storia di due mamme: una mamma delusa e preoccupata per un figlio adottato che ha seguito una brutta strada e una mamma brasiliana che 25 anni fa ha chiesto una Messa di ringraziamento per il suicidio della figlia che era stata violentatata dal suo padrone e che non aveva soldi per crescere il figlio. Oggi nella giornata della donna abbiamo pregato per tutte le mamme che soffrono nel mondo.

Ci siamo poi spostati al Getsemani dove si trova l’Orto degli ulivi. È stupefacente scoprire come il tronco di alcuni olivi possa risalire all’epoca di Gesù. Quei tronchi hanno vissuto i momenti in cui Gesù, dopo l’ultima cena, si è ritirato lì a pregare e ha accettato la sua passione ormai così vicina. Quei tronchi erano lì quando Giuda è arrivato per tradire Gesù.
Siamo poi entrati nella Chiesa dell’agonia detta anche Chiesa del Getsemani o Chiesa delle Nazioni. Al suo interno c’è una roccia che fin dal III secolo ricorda il luogo dove Gesù ha pregato il Padre di allontanare il calice della passione e morte.
Prima di toccare la roccia, abbiamo letto l’episodio del tradimento dal Vangelo secondo Matteo.
Sul Getsemani emergono l’umanità e la divinità di Gesù.
Questo è il luogo dove la sofferenza può essere “capita”.
Parte da qui il tempo della passione e della
Resurrezione.
Con il cuore come in un frantoio, completiamo la discesa dal monte degli ulivi.
Ad alleggerire il nostro stato d’animo contribuiscono i venditori, amici della nostra guida, che ci propongono vari oggetti che noi prontamente acquistiamo. Don Fabiano ha soprannominato la nostra guida “Canale 5”, per questa sua caratteristica commerciale.
La discesa ci porta alla chiesa della tomba di Maria. La tradizione dice che qui è stato posto il corpo della Madonna prima della sua Assunzione, ma non c’è nessuna dimostrazione.
Secondo le regole dello status quo questa Chiesa è metà armena (parte sinistra) e metà ortodossa (parte destra); i cattolici non hanno uno spazio qui.

La prossima tappa è il Muro del pianto che è il luogo più sacro per l’ebraismo. Il luogo è sacro perché secondo la tradizione islamica, sulla spianata dove un tempo vi era il Tempio di Gerusalemme, ci sarebbe la roccia su cui Abramo era pronto a sacrificare a Dio il proprio figlio Isacco. Ci sono ingressi separati fra uomini e donne e c’è un controllo al metal detector. Gli uomini per entrare devono avere il capo coperto con una kippah. Gli arabi non possono entrare. Alla domanda posta alla nostra guida sul come mai non possono entrare gli arabi, lui ha risposto: cosa viene a fare un arabo qui se non un attentato?
È opportuno evitare di fare il segno della croce perché non è un luogo cattolico e gli ebrei lo potrebbero interpretare come una provocazione.
Nella piazza di accesso al muro ci sono delle fontane per le abluzioni delle mani con due manici per non contaminare il manico dopo aver lavato una mano. Il lavarsi le mani è un atto di purificazione prima della preghiera
Anche noi, divisi fra uomini e donne, siamo entrati e ci siamo avvicinati per toccare il muro mescolandoci fra gli ebrei raccolti in preghiera.
Gli ebrei pregano in movimento o “dondolando” in quanto la preghiera va fatta con mente e corpo.
In questi giorni ricorre anche il Purim che è il carnevale ebraico e abbiamo incontrato parecchie persone, sia bambini che adulti, mascherate.
Nel percorso verso il ristorante per il pranzo siamo passati davanti alla terrazza panoramica che si chiama Terrazza degli innamorati e da cui si ha una splendida vista del muro.
Qui abbiamo assistito ad una richiesta di matrimonio ebreo e ai festeggiamenti.
Siamo quindi entrati nel suk, il caratteristico mercato, prima nella parte ebraica e poi nella parte araba tramite una porta senza quasi accorgerci del cambiamento se non notando i diversi prodotti esposti nei vari negozi.
Dopo pranzo, riprendiamo il nostro cammino attraverso il quartiere armeno. Gli armeni sono nati come primi cristiani nel mondo; creano una lingua cristiana per tradurre la Bibbia;
il primo “vescovo” san Giacomo è venerato nel monastero in cui ci rechiamo.
Per invitare i fedeli alla preghiera, non suonano le campane, ma sbattono un ferro contro un legno con velocità e intensità sempre crescenti. Questa modalità ci porta al ricordo di Noè che richiama gli animali sull’arca.
Gli armeni non hanno uno spazio all’interno del mercato.
La nostra passeggiata termina al Cenacolo.
Qui si è svolta l’Ultima Cena ed è il luogo dove gli apostoli si nascondono e si trovano dopo la morte di Gesù. È il luogo dove Gesù fece la lavanda dei piedi ai discepoli. È il luogo in cui sugli apostoli scende lo Spirito Santo. È il luogo del “fate questo in memoria di me”, il dono dell’Eucaristia e del Sacerdozio.
Ora è di proprietà degli ebrei e i cattolici non possono celebrare la Messa, anche se pare ci sia un’apertura in questo senso.
È il secondo luogo spirituale più importate dopo il Santo Sepolcro.
In una nicchia è esposto un ulivo in metallo portato da Papa Giovanni Paolo II.
Abbiamo cantato tutti assieme il canto Dov’è carità e amore.
Al pianterreno, zona dedicata alla preghiera dove si fa memoria sia custodita secondo la tradizione Ebraica la tomba del re Davide, uomini e donne entrano separati e gli uomini con capo coperto.
La nostra ultima tappa è la Chiesa di San Pietro in Gallicantu, il nome deriva dal ricordo dell’episodio in cui Pietro ha tradito Gesù rinnegandolo per tre volte.
Qui abbiamo letto l’episodio del Vangelo che racconta il tradimento di Pietro.
Siamo poi scesi in quella che per una notte può esser stata la prigione di Gesù.
Prima di noi è entrato un gruppo africano che ha intonato un canto molto caratteristico e coinvolgente.
Entrati nella prigione abbiamo fatto proclamato il salmo 88.
Gesù venne calato nella prigione attraverso un buco molto simile ad uno stretto pozzo e fu lasciato lì solo, abbandonato da tutti, infreddolito e impaurito per quello che sapeva gli sarebbe successo.
Durante il viaggio di ritorno abbiamo memorizzato i numeri di Gerusalemme:
1 la strada: numero che passa sopra i binari
2 i monti: degli ulivi e sion
3 le valli: della Geenna, del Cedron e un altro nome difficile
4 i quartieri città vecchia
5 le croci della Croce cosmica
6 le punte stella di davide
7 e 8 sono le porte, di cui una è chiusa
La lunga e ricca giornata si è conclusa con un incontro fra noi per condividere le nostre riflessioni sull’esperienza del pellegrinaggio.
Eh..torniamo a casa, arricchiti di un bagaglio molto prezioso.