Mentre all’orizzonte si staglia il tramonto lungo la via del ritorno e in aereo gli occhi si socchiudono – segno tangibile di una stanchezza concreta a motivo dei ritmi incalzanti di questi giorni – nel cuore risuonano le parole della narrazione evangelica di Emmaus. Le abbiamo ascoltate stamattina, nella celebrazione dell’ultima Messa in questa terra benedetta da Dio e segnata dall’incomprensibile agire degli uomini. Sì, anche noi pellegrini di oggi, abbiamo scoperto come andare in Terra Santa sia una chiamata! Invito al silenzio in mezzo ad una fiumana di persone che da ogni luogo si riversano lì dove il Maestro di Nazareth ha accompagnato coi gesti le Sue parole. Un pellegrino veronese, di buon mattino in basilica a Betlemme, mentre assistevo brevemente alla preghiera dei monaci ortodossi, a bruciapelo mi ha chiesto: questo la scandalizza? Avevamo appena terminato la Messa presso la Grotta. “No – è stata la mia risposta – qui si riversano gli equilibri di sguardi diversi”.
Stiamo tornando dalla Terra Santa…luogo dell’uomo e di Dio…terra di sguardi e di violenza…mistero di sfumature capaci di attraversare il tempo e la storia. Eppure, nonostante tutto, questa terra è per noi benedizione, grazia, dono. Perché non si può rimanere qui…sarebbe forse troppo bello…il Risorto attende gli apostoli in Galilea…attende noi nella nostra Galilea…che si chiama Agordino e porta i nomi delle nostre comunità!