Continuo a rimanere convinto di una cosa: la nostra fede se non è “pensata”, non può essere relazione. La relazione cerca, dialoga, si “scalda”, chiede scusa…fa’ affiorare a seconda dei tempi e dei momenti tratti della nostra personalità talvolta sconosciuti a noi stessi. E allora, anche in questo tempo…pensiamo! E siccome non voglio assolutamente monopolizzare le comunità con il mio pensiero e la mia parola, cedo ben volentieri a don Riccardo Parissenti, parroco di S. Vito e Borca di Cadore, figlio di queste nostre comunità. Buona lettura! don Fabiano
Perché ci trattano così?
Sta per iniziare “la fase due”. Molte attività riaprono il 4 maggio; per altre c’è una data stabilita. Solo l’Eucaristia celebrata con il popolo rimane vietata, senza se e senza ma. Al massimo c’è la possibilità del funerale; ma un funerale degno di questo nome si può fare senza Eucaristia?
Perché ci trattano così? Non perché sono particolarmente cattivi, ma semplicemente perché chi non è cristiano non può capire cosa rappresenti l’Eucaristia per un credente. E spiegarlo a uno che non può capirlo è quasi impossibile: ricorda quella moglie che voleva far provare le doglie al marito…
Ancora una volta dobbiamo prendere coscienza di essere minoranza. Però anche le minoranze hanno i loro diritti. Ricordiamolo a coloro che il giorno prima avevano festeggiato la liberazione e i diritti costituzionali e poi li negano o li fanno passare come eventuale benevola concessione.
Le minoranze hanno i loro diritti. Non chiediamo privilegi ma diritti: abbiamo chiese che difficilmente stanno sotto i 300/400 mq e i 4000/5000 mc; 5/10 persone si perdono dentro. Nessun negozio, nessun ristorante può garantire queste distanze e questi volumi!
Facendo una turnazione tra i fedeli che lo desiderano, nel giro di una settimana o due coloro che ne sentono il bisogno potrebbero vivere l’Eucaristia con sicurezze e precauzioni uguali e superiori a quelle che si usano in altri contesti. Non è chiedere troppo, è chiedere quello che altre categorie già hanno! Quando c’è stato da rinunciare per salvare vite, abbiamo chiuso subito le chiese: abbiamo celebrato l’ultima messa pubblica il 22 febbraio, mentre fino all’8 marzo i nostri paesi erano pieni di gente e tutte le attività aperte. Come senso di responsabilità e di lealtà civile non accettiamo lezioni da nessuno!
Vedremo come andrà a finire?
Ma chiediamoci anche come provare a vivere da cristiani l’ingiustizia che stiamo subendo?
Da un lato il dovere civico ci spinge a far di tutto perché i diritti della persona, compresa la libertà religiosa, non vengano arbitrariamente sospesi: sarebbe un pericoloso precedente. Dall’altro, dentro il nostro cuore dobbiamo vigilare perché non nascano reazioni cattive, per non lasciar neppure ai torti subiti di rovinare la carità, la solidarietà. Il Signore Gesù ci ha invitato a fare due miglia con chi ci costringe a farne uno; vivremo con dignità anche questa situazione. Ricordiamoci di Gesù che ha subito lo schiaffo dal soldato: non l’ha restituito, però con coraggio ha chiesto spiegazione per quella ingiusta percossa, costringendo l’altro a riflettere. Non è facile, ma vogliamo imparare ad usare questa difficile circostanza come occasione per dare testimonianza: testimonianza che per noi la Fede, la Messa, la Chiesa non sono optional, sono importanti, anche più di altri servizi garantiti dalla fase due; dall’altra vogliamo dimostrare che proprio il nostro credere all’Amore non ce lo farà tradire mentre chiediamo di poterlo celebrare. Mentre aspettiamo di ritrovare il gesto dell’Amore sommo presente nell’Eucaristia, continuiamo a porre segni che lo ricordano e lo attendono.